Ricalcando e citando il pensiero di una cara amica: “L’illusione guarda la superficie, la lucidità contempla l’abisso.” Così il giovane Vincent vide scomparire le sue illusioni pian piano e contemplò la cruda realtà della vita, fatta di lavoro duro e povertà, cosa che traspare nelle sue opere ed in particolare in questa che vi descrivo.
Una volta raggiunta la meta dell’arte decise, forse in modo del tutto inconscio, di regalare dignità a quel mondo ed a quelle persone che lo avevano segnato nella sua giovinezza. Nell’opera i Mangiatori di Patate i soggetti sono rappresentati con toni cupi, rischiarati da lampade ad olio mentre sono seduti ad un tavolo e forse discutono della loro giornata lavorativa, non sono felici, ma non sono tristi, si percepisce la fatica sui loro volti forse rassegnati alla dura vita che sono costretti a vivere.
«Voglio ricavare il soggetto dagli stessi caratteri» scrisse van Gogh al fratello Theo, aggiungendo poi: «ancor più m’interessa la proporzione di un volto e il modo in cui la rotondità della testa si rapporta alla figura intera».
Non è certo un caso che venga rappresentata una scena dove i soggetti condividono qualcosa, in questo caso un caffè caldo, esprimendo si la povertà, ma anche la grandezza di uomini e donne dignitosi ed umani.
Luci ed ombre sono trattati nel chiaro stile di Van Gogh, il passaggio è netto ma quasi si riesce a cogliere l’istante, il tremolio della fiamma che crea giochi di luce sulle pareti, una tela importante, dove sembra quasi che Van Gogh voglia dare vita a un’immagine emotiva sfruttando una tavolozza giocata sui colori terrosi, i gialli ed i neri, creando una monocromia inquietante dove rappresenta le condizioni squallide della vita operaia, pur regalando loro una incredibile dignità.
Oggi questo quadro si trova oggi al museo Van Gogh ad Amsterdam.