Caravaggio: Giuditta e Oloferne

Caravaggio: Giuditta e Oloferne

Analizzando mediante radiografie l’opera Giuditta e Oloferne si può evincere che in una prima raffigurazione Giuditta era a seni nudi, ma non è chiaro se Caravaggio abbia voluto seguire una tradizione iconografica che vedeva nella nudità un senso di eroismo e di purezza connesso con il sacro (Giuditta nuda è presente in statuine, come quella di alabastro di Konrad Meit del 1525, o in disegni come quello di Hans Sebald Beham del 1547) oppure abbia voluto accentuare, in questo modo il carattere provocante, seducente dell’eroina; aspetto che resta, peraltro anche dopo la raffigurazione del corpetto coprente, probabilmente per cause d’ordine morale e di autocensura, che, mostra comunque, in trasparenza, il seno dell’eroina, sudato per lo sforzo messo nell’azione violenta, risultando così ancora più seducente.[7]

Si dice che Caravaggio abbia dipinto il quadro pensando alla storia di Beatrice Cenci che, insieme alla matrigna e al fratello, uccisero il padre, dopo averlo addormentato con l’oppio[8]. Anche per questa ragione la tela è ancora spesso ritenuta dipinta nel 1599 circa (anno in cui Beatrice fu giustiziata). Tuttavia è possibile legarne la commissione a una ricevuta di pagamento, da parte di Ottavio Costa a Caravaggio per un quadro già iniziato, datata 21 maggio 1602.

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